Carceri: femminicidi e omicidi di Stato

A ogni rivolta nelle carceri e nei cpr non possiamo che esprimere tutta la nostra solidarietà.
E ribadiamo doppiamente la nostra solidarietà alle rivolte e alle proteste delle sezioni femminili delle carceri, come la rivolta del 9 aprile nel carcere di Eleonas, a Tebe. E ne riportiamo il comunicato:
“Oggi, 9 aprile, la detenuta Azizel Deniroglou è morta nel suo reparto, inerme, perché aveva anche problemi di cuore e febbre alta. Aveva implorato aiuto per tutta la notte perché provava dolori al petto e non riusciva a respirare”. Secondo le testimonianze, non le hanno nemmeno misurato la temperatura e non siamo a conoscenza delle vere cause della sua morte.

La secondina capoturno l’ha minacciata con un rapporto, perché le dava fastidio. Il corpo senza vita della nostra compagna di cella è stato trascinato fuori coperto da un lenzuolo, davanti agli occhi scioccati di tutta l’ala del carcere. Questo tragico avvenimento è avvenuto nell’ala E, dove sono accatastate circa 120 persone. Le prigioniere si sono ribellate e la rivolta si è estesa a tutto il carcere. Un’altra prigioniera è morta un mese fa. La criminale indifferenza nei confronti dei prigionieri e della loro salute ha portato alla morte di molti detenuti, il governo e il Ministero sono responsabili della loro condanna a morte.
Il governo e il Ministero sono responsabili della morte di questa detenuta.

Chiediamo l’immediata scarcerazione dei pazienti, delle madri con i loro figli, degli anziani, di coloro che sono considerati vulnerabili, in gruppi, per 1/3 dei detenuti in totale.
Non torneremo nelle nostre celle fino alla fine!”
Fonte:
https://actforfree.nostate.net/?p=37076

Questo comunicato rappresenta una testimonianza importante della situazione attuale delle carceri dei paesi sotto quarantena. Così come in Grecia, anche in Italia abbiamo assistito a inizio marzo alle rivolte in ben 27 galere di stato, sedate con una velocità impressionante. Non sappiamo come questa situazione evolverà, ma sappiamo che in questa soffocante e tagliente sanità patriarcale, le rivolte nelle carceri e nei cpr sono il nostro respiro e le nostre ferite.
In tutti i luoghi di detenzione la situazione sanitaria è molto pericolosa. Già “normalmente” (se di normalità aveva poco senso parlare prima, ora non ne ha più) le carceri sono luoghi in cui è troppo facile morire per mancanza di cure mediche. Ora le misure igieniche antivirus non sono disponibili, il distanziamento per evitare il contagio è impensabile e le persone non vengono soccorse. È chiaro che la salute pubblica imposta dallo stato patriarcale e paternalistico uccide. Uccide in quanto macchina predisposta all’annientamento psicologico e fisico delle persone.

Un chiaro esempio, passato in sordina nel media mainstream nazionali e regionali, è quella della notte fra il 6 e il 7 aprile, quella successiva alla rivolta avvenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
I detenuti sono stati svegliati dall’irruzione di un plotone della polizia penitenziaria chiamata da altre carceri (i testimoni parlano di un pullman di poliziotti).
Sono stati presi a manganellate, calci, pugni e chi ha osato ribellarsi è stato anche rasato a forza, spogliato, ad alcuni è stata bruciata la barba.

Link altre testimonianze:
https://radioblackout.org/podcast/la-macelleria-di-s-m-capua-vetere-sguardi-nelle-carceri-post-rivolte-covid-app/

Ciò che lo Stato ha deciso di fare è aumentare le restrizioni, anche dove era difficile trovare qualcosa che potesse ancora essere ristretto. Ma non è difficile per lo Stato, che ha a disposizione secoli di scienze sociali, cioè scienze del dominio, quindi scienza patriarcale.
Il carcere non è solo un modello disciplinare, è un modello sociale. Oggi, infatti, lo Stato risponde all’emergenza sanitaria con la massima forma di repressione, il carcere, imponendo reclusione domestica e distanziamento sociale per chi sta fuori. Inoltre, proprio come questo stato d’emergenza, il carcere è un attacco della classe dominante alle altre classi. E nel caso dei cpr l’attacco è totalmente coloniale.

A parità di classe sociale e di numeri tra i due generi imposti, nelle carceri ci sono prevalentemente maschi.
Perchè? Lo Stato patriarcale ha per le donne tutta una specifica rete di oppressioni e meccanismi di disciplinamento per cui spesso non ha neanche bisogno del carcere per reprimere una donna.
C’è già il marito, la famiglia da accudire, una relazionalità riservata alle donne che si esprime attraverso il tentativo di estinzione della sua vita, dal livello simbolico, per esempio con il misconoscimento costante, fino al livello materiale, con il femminicidio. C’è l’oppressione dello stupro, c’è la psichiatria.
E comunque c’è il carcere, ci sono i cpr.

Solidarietà a tutt@ le compagn@ e alle parenti delle persone recluse che il 16 aprile si sono recat@ sotto il carcere di Rebibbia e di Bologna per sostenere le persone recluse, che sono state colpit@ dalla repressione vigliacca della polizia.
Solidarietà alle compagn@ di Torino, che hanno saputo rispondere a questo stato di polizia.
La repressione non è la nostra salute.

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