Il 23 giugno Sanaa Seif è stata rapita da davanti l’ufficio del Procuratore Generale al Cairo.
Sanaa insieme a Laila Soueif la madre, Mona la sorella, si erano recate per denunciare il pestaggio avvenuto la sera precedente davanti al carcere di Tora al Cairo, dove erano rimaste in presidio la notte per ricevere una lettera di Alaa Abdel Fattah, il fratello, rinchiuso da settembre nel carcere di massima sicurezza.
Sanaa è stata pestata violentemente quella notte.
Sanaa è stata in carcere già due volte, per settimane non si sono avute notizie di lei, dopo il trasferimento nel carcere femminile di al-Qanater.
Durante le visite, in cui i familiari non possono vedere le persone care, con la scusa della diffusione del COVID-19 si può solo far entrare alimenti e a volte è prevista la corrispondenza, ma spesso li rimandano indietro e le lettere vengono negate.
Sanaa si trova in carcere preventivo, che per “legge” può durare fino a due anni.
Dal mese di marzo molte compagne sia al Cairo che ad Alessandria sono state prelevate dalle proprie case, sottoposte a sparizione forzata e i rinnovi avvengono su carta senza trasferimento in procura.
Sono migliaia le persone che si trovano in carcere preventivo per motivi politici.
Libertà per tutte
Libertà per tutti
In questo video, Mona racconta il rapimento della sorella e descrive la repressione che quotidianamente i militari attuano nei confronti delle persone che hanno processi politici, ma non solo.
Contrastano tutto ciò che è libertà.
Ultimamente hanno arrestato dei ragazzi di un quartiere popolare al Cairo, per aver fatto volare degli aquiloni.
Il regime è spietato e l’Italia come l’Europa appoggia e sostiene economicamente e militarmente chi vorrebbe semplicemente vivere.