Lettera dalla prigioniera politica palestinese Maysa Abu Ghush

Contro ogni forma di carcere. Contro tutti gli stati. Contro ogni forma di occupazione. Contro i nemici sionisti che dal 1948 saccheggiano e devastano i territori palestinesi.
Sempre dalla parte di chi resiste e si ribella anche in condizioni che nemmeno possiamo immaginare. “La Palestina è fuori l’uscio di casa” come diceva chi ha fatto della solidarietà con la popolazione palestinese una scelta di vita resistendo fino all’ultimo istante.

Riceviamo e pubblichiamo la traduzione di una lettera di una detenuta politica nelle carceri del occupazione militare sionista.

Questo è un messaggio della prigioniera politica Maysa Abu Ghush, detenuta nelle carceri dell’occupazione sionista dal 29 agosto scorso:
“Maysa è stata torturata sin dal primo momento del suo arresto, quando l’esercito dell’occupazione ha fatto irruzione nella sua casa perquisendola a fondo, è stata bendata, legata per poi essere trasferita nell’accampamento militare, mentre veniva trascinata a terra la insultavano con le peggiori parolacce.
Hanno continuato a torturarla brutalmente anche dentro, perquisendola a corpo nudo per poi interrogarla ore mentre era legata a una piccola sedia dentro una cella fredda, cercando così di rompere ogni tipo di resistenza alla vita.  L’hanno privata del sonno e di poter andare in bagno, picchiandola e minacciandola in presenza del fratello e della madre per farle pressione.

Come accade nella maggior parte degli interrogatori con le detenute palestinesi, il sistema di investigazione israeliano usa strategie patriarcali per fare pressione sulle donne e le loro famiglie.
Nel caso di Maysa hanno usato informazioni personali durante l’interrogatorio con il padre con l’obiettivo di impaurirla e obbligarla a sottomettersi.

L’interrogatorio con Maysa in queste condizioni è durato 30 giorni prima del suo trasferimento nel carcere di Aldamun. Ora soffre di dolori alla colonna vertebrale, gambe, braccia e mal di testa a causa delle continue torture; nonostante nell’ultima visita in infermeria le abbiano confermato problemi alle ossa, vengono omesse ovviamente le cure mediche.
La negligenza medica si aggiunge all’ennesima forma di violenza e tortura continua che sta subendo durante la sua reclusione.
Il tribunale il 3 maggio ha emesso la sentenza nei suoi confronti di 16 mesi di carcere e una sanzione di 2000 shekel.

Da dentro il carcere Maysa manda un messaggio sull’importanza della solidarietà popolare con tutte le detenute e i detenuti politici.
Le mandiamo un forte saluto per la sua resistenza di fronte alla violenza delle carceri dell’occupazione.
Nessuna terra sarà libera senza la libertà di tutte le detenute e i detenuti politici palestinesi“.

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